20 nov 2011

Il lato oscuro della UX nei social network

Il recente fastidioso aggiornamento anti-privacy proposto da Twitter (il pulsante "Attività") ci ricorda (come se ce ne fosse bisogno) la triste piega che sta prendendo l'era dei social media sotto l'egida di Facebook. Per capire quanto i competitors se la facciano sotto ogni volta che il social network in blu si muove basta analizzare tutti i maggiori update degli altri network: si sente una decisa puzza di Facebook. Guerra alla privacy. Ovunque.
L'introduzione del nuovo pulsante in Twitter è l'occasione per notare come Facebook faccia scuola anche riguardo ai metodi con cui vengono introdotte le novità. Chissà come mai quando viene introdotto un nuovo "miglioramento" del web design i biechi adepti della UX negativa, come bambini dispettosi, ne approfittano per tagliare altre funzioni (magari utili o forse no) allo scopo dichiarato di semplificare la UI ovvero puntare il ditino verso il "miglioramento". In questo caso Twitter mette mano anche al vecchio pulsante "Menzioni" eliminando le varie visualizzazioni selettive in combo tra cui "Preferiti" e "I tuoi tweet retwittati" immergendo queste informazioni potenzialmente utili in un flusso indifferenziato di menzioni, di following spammosi e altra fuffa inutile. Facebook regna, Twitter si accoda. Sembra di risentire il burattino dei servizi segreti americani, Zuckerberg che all'inizio del 2010, ci ricordava come stanno le cose:  «Ehi la privacy è un concetto vecchio, superato. Sintonizzati!». Era più o meno questa la dichiarazione di guerra che il burattino con felpa a cappuccio ha lanciato contro la privacy. Una guerra che ora sta entrando nel vivo e dentro ci siamo proprio tutti.

Più o meno nello stesso periodo hanno cominciato a friccicare gli anticorpi e si è accesa questa interessante discussione in cui si discettava su come etichettare la malafede (diciamolo chiaramente, la malvagità) con la quale Facebook si accanisce contro la privacy degli utenti. Insomma si entrava nel dettaglio dell'attacco alla privacy, non più solo chiacchiere ma pattern di web design analizzati pixel per pixel. Sono passati quasi due anni anche dalla nascita del progetto Darkpatterns.org che ha lo scopo di dare un nome alle pratiche di UX design ingannevoli e additare le compagnie che ne abusano. Spassoso il titolo della pagina dedicata ai giochetti anti-privacy concepiti da Facebook: Privacy Zuckering. Purtroppo la pagina è ferma a quel 2010, probabilmente con la mole di continui peggioramenti anti-privacy è diventato impossibile stare al passo e garantire una copertura decente. Oggi gli anticorpi pro-privacy friccicano un pò meno (sarà che in America sono tutti un pò storditi dal SOPA) e il male sta decisamente trionfando.

Da Italian A List Apart una comoda tabella riassuntiva che illustra le filosofie dietro i dark pattern più diffusi oggi.



Insomma da una parte abbiamo la nuova netiquette imposta dai colossi informatici e dai social network che assume contorni quasi mistici: l'idea è che sei sull'internet e non puoi essere anonimo, devi essere totalmente trasparente. Un pò come i monitor in1984: una specie di confessionale con un buco da cui spiarti grande così... La maggior parte della gente china il capo e si adegua (per ora). Ma a totale trasparenza dei consumatori, corrisponde totale opacità dei social network dominanti (e dei grandi portali che seguono la scia di Facebook) che possono fare quello che vogliono indisturbati. Chi controlla l'operato dei designer delle UX dominanti oggi e domani sempre più infestate dal maleodorante influsso di Facebook?


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Links:
http://wiki.darkpatterns.org
http://www.italianalistapart.com/articoli/52-numero-39-15-novembre-2011/212-dark-pattern-inganno-vs-onesta-nelle-ui

1 commento :

elisa ha detto...

Facebook è disonesto, l'ho sempre detto, io! ;(
Mi deprime vedere come sia peggiorato Twitter; perché questo è proprio un peggioramento. Peccato, peccato davvero!

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